Proprio all’ingresso, a destra, la piazzetta intitolata a San Nicola di Bari conserva un’edicola votiva del Santo dipinto su ceramica in ricordo di un’antichissima chiesa a Lui intitolata e che con molta probabilità doveva sorgere nei pressi. Nel reticolo di vicoli adiacenti, un piccolo spiazzo chiamata Piazza degli Uomini rinvia all’epoca dei primi insediamenti abitativi, quando Gannano era luogo di taverne (ganea da cui il nome) e tale spazio il suo centro di ritrovo. Ritornando sulla rotabile troviamo la chiesa di San Rocco costruita intorno al 1694. Di rilievo sono le evidenze artistiche consistenti in pitture murarie realizzate nel ‘900 dai montemurresi Pasquale Lotito e dal figlio Antonio. Si tratta del grande dipinto ad olio raffigurante San Rocco con le rispettive figure iconografiche, Sant’Anna e San Giuseppe, gli apostoli Pietro, Paolo e Giovanni tutte restaurate, insieme all’altare e alla porticina del tabernacolo, dall’artista Riccardo Maniscalco che ha aggiunto i cartigli e le immagini di Santi otto-novecenteschi. La chiesa, a navata unica, ospita diverse statue tra cui quelle del Santo di Montpellier e della Santissima Trinità. L’immagine di San Rocco è presente anche sulla facciata esterna della chiesa dipinta su ceramiche smaltate.
Da lì, procedendo avanti e dirigendosi su una breve salita a sinistra, si arriva a piazza IV Novembre detta comunemente piazza Santa Maria, in ricordo della chiesa Madre crollata nella frana del 1842 intitolata a Santa Maria Assunta. Ne serba la memoria un’edicola votiva raffigurante la Pietà collocata ad un lato della piazza, mentre sul lato opposto si staglia una colonna che è il monumento dedicato ai caduti di tutte le guerre. Ritornando in corso Vittorio Emanuele, traverse laterali sulla destra immettono in via Valle. Alla sua estremità meridionale si nasconde la deliziosa chiesetta di Sant’Antonio Abate, la cui omonima badia è citata negli atti del 1566. La cappella ha un’unica navata e al suo interno sono deposte le spoglie degli avi della famiglia Imperatrice. Sulla facciata esterna, in alto, vi è l’immagine del Santo dipinta su maioliche.
Risalendo lungo il suddetto corso si devia a sinistra per via Valle, dove risalta il palazzo Marra, nell’800 sede del comitato insurrezionale che cospirò a favore dell’Unità d’Italia. Sulla facciata una lapide ricorda i nomi dei componenti. Erano guidati dal montemurrese Giacinto Albini (nominato da Garibaldi Governatore della Provincia di Basilicata con poteri illimitati) a cui Montemurro ha voluto dedicare la piazza principale del paese, collocata alla fine di viale Regina Elena. Qui troviamo il suo busto che si erge di fronte a ciò che resta di un complesso conventuale domenicano sorto sui resti del castellum Montis Murri, risalente al 1068. Del convento chiamato della SS. Annunziata, dopo varie vicissitudini di ordine naturale e civile succedutesi nei secoli, rimangono parte della chiesa di S. Domenico, presbiterio, coro e sagrestia che adesso rivivono nel nuovo impianto restaurato sotto la guida della Soprintendenza per i Beni Culturali e Architettonici della Basilicata. All’interno troviamo le nicchie di S. Tommaso D’Aquino, della Madonna delle Olive e di S. Pietro Martire, il sarcofago del barone D’Elia, alcuni fregi, un rosone, parte dell’antico pavimento e statue di San Domenico e San Vincenzo. Da tempo sconsacrata, la chiesa oggi è sede di una sala convegni ed ospita la mostra permanente “Pittori Montemurresi del ‘500 e ‘600” curata da Anna Mollica, Tonino e Fabio Calvino. Si tratta di riproduzioni fotografiche di alcune delle opere realizzate da Sebastiano e Carlo Sellitto, Gian Giacomo ed Anna Maria Manecchia, la cui arte ebbe notevole seguito a Napoli, città in cui sono tutt’ora visibili le loro opere. Altre opere sono dislocate anche in alcuni centri della Basilicata.
La strada che alla fine di viale Regina Elena sale a destra, conduce alla chiesetta di Santa Maria del Carmine. Inaugurata il 15 luglio 1922, la chiesa a croce latina presenta un’unica navata e custodisce diverse statue tra le quali quella della Madonna con Bambino e di Santa Lucia. Tornando indietro, prima dell’incrocio di piazza G. Albini, una salita introduce nel rione Concerie, chiamato così per la fiorente attività di concia delle pelli attiva nei secoli passati. La tipica tecnica di lavorazione, la “concia montemurrese”, era nota anche fuori regione. Il rione anticipa un piazzale dove troviamo la chiesa Madre intitolata a Santa Maria Assunta con l’annesso convento francescano di Sant’Antonio da Padova. Entrambi furono costruiti nel 1635. La chiesa è a due navate divise da archi. La navata principale mostra un presbiterio sopraelevato posto su un pavimento di ceramica smaltata e colorata risalente ai primi anni 2000. Dotata di un campanile laterale, riporta sul muro sovrastante l’ingresso maggiore, l’immagine di Sant’Antonio da Padova dipinto su maioliche. Al suo interno custodisce opere tra cui un grande dipinto ad olio datato 1666 racchiuso in un’ampia cornice di legno dorato ritraente l’Assunzione della Madonna tra monaci e San Gerolamo; dipinti di epoca barocca attribuiti a Pietro Bardellino; un Crocifisso ligneo del XVII secolo e diverse statue di Santi tra le quali quella di San Giorgio, patrono di Montemurro, e della Madonna di Servigliano, qui posata per i mesi che vanno tra settembre e maggio. Il convento serba al suo interno affreschi risalenti alla seconda metà del XVII secolo che raffigurano scene della vita di Sant’Antonio e di San Francesco. Dal 1931 è stato sede dell’asilo parrocchiale e una lastra bianca posta all’esterno ne ricorda i fautori.
Scendendo per via De Fina si torna all’incrocio di piazza “G. Albini”, dove a destra ci si inoltra per corso Leonardo Sinisgalli. Giunti a metà percorso, una traversa a destra conduce ad un’altra piazza molto cara ai Montemurresi. È piazza San Giacomo che prende il nome dell’omonima ed antichissima chiesa crollata durante il terremoto del 1980.
Allontanandosi dal centro abitato ci si imbatte nella chiesa di Santa Maria del Soccorso, posta davanti al cimitero. È un massiccio edificio in mattoni costruito all’indomani del terremoto del 1857, per volere dei fedeli. Salendo per un’altra decina di chilometri si arriva alla cima del monte Santo Jaso a quasi 1300 metri s.l.m. Qui, in un ampio ed aperto piazzale circondato da una corona di monti, si eleva il Santuario della Madonna di Servigliano costruito dai Montemurresi nel 1911. Nei mesi compresi tra maggio e settembre risiede la statua di Maria e in questo periodo è anche meta di campeggi.